Il Pagellone del Gran Premio di Las Vegas

By
Pasquale Panarelli
Lewis Hamilton Las Vegas

Viva, viva Las Vegas!

Cornice spettacolare, luci che sembrano fuochi d'artificio, un vero paese dei balocchi dove i rettilinei filano dritti come una Route 66 in overdose di caffeina e neon.

La gara? Un carosello frenetico: tenace, gonfia di sorpassi e staccate da gioco d'azzardo. Se non vinci il jackpot, non importa: altro giro, altra corsa. Tra cordoli glitterati, lotte ruota a ruota e un asfalto lucidato come un tavolo da blackjack, Las Vegas si è confermata per quello che è: un'americanata che non chiede permesso, ma ti trascina dentro con la forza di un jingle pubblicitario.

E ora, pronti per le pagelle?

Benvenuti in questa centrifuga di incompetenza foderata di ironia e passione. Accomodatevi, prendete un drink servito da un cameriere immaginario in smoking bianco, e godetevi lo show: qui ogni curva è una slot machine, ogni sorpasso un colpo di dadi, ogni bandiera a scacchi un applauso da cabaret.

McLaren, voto 0: A Woking proiettano un film che si apre coi milioni giocati alle slot del Crystal Palace. Poi la rivelazione amara: non era il casinò, ma il parchimetro dell'albergo.

Pole position. Allo spegnimento dei semafori, una difesa più estetica che funzionale e una gara in timido attacco. Risultato da pratica onanistica per i due Papaya: secondi e quarti al traguardo, salvo poi vedersi entrambi squalificare dal Gran Premio.

Post sui social, numeri che rimbalzano e calcoli che si accavallano: con Verstappen a -24 dalla vetta e ancora due gare più una Sprint Race da disputare, serviranno un buon carico di vitamine e un tiramisù allo zabaione. Ora, si fa sul serio.

Red Bull, voto 9: Make Red Bull roar again. Una notte da leoni per Super Max: un pilota, un atleta, capace di migliorare la perfezione. Vittoria fondamentale, viste le ultime novità, che consente al campione olandese di presentarsi con un'idea volpina alle ultime tornate del Mondiale. E mentre tutti fanno i conti, lui ribalta il risultato come solo Alessandro Borghese saprebbe fare: il voto finale non è scritto, lo decide Max.

Mercedes, voto 10: Giorgino si gode la seconda piazza con la stessa espressione di chi si sveglia dopo una serata alcolica con il nome della ex tatuato sul petto. A uscirne compromessa è la sua immagine da leader: Antonelli è così indietro da partire in curva - sì, come nei kartodromi indoor - e all'ultimo giro gli alita sulla nuca. Una rimonta dal ritmo così indecente, che per accedere alla telemetria ci vuole lo SPID. Uno smacco per una prima guida forte come Russell, una sorpresa per gli spettatori, un guanto di sfida per un giovane che sembra aver trovato la quadra di una monoposto di Formula 1. Per il 2026 ci sarà sicuramente da divertirsi.

Ferrari, voto 7: L'attrice Catherine Zeta-Jones, la cantante Beyoncé, il rapper Jay-Z, la Contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare e altri VIP al box della Ferrari ad assistere al Gran Premio.

Mancava solo lui, Little John, il padrone della Baracca: col suo sorriso smaltato avrebbe certamente saputo tirare fuori un discorso motivazionale alla Braveheart per i suoi uomini. Peccato. Ne abbiamo tutti sentito la mancanza.

Lewis parte ultimo con uno scatto da 0 a 100 degno della mia bilancia sotto Natale, ma il resto della gara sembra avere la sceneggiatura di un film di Fantozzi: Sir Luigi schiva alla partenza la cannonata atomica di Bortoleto, evita le Alpine, la carcassa esanime di Stroll e si ritrova miracolosamente illeso dietro alla Haas. Da lì si incaglia per venti, interminabili, mostruosi giri dietro Ocon. Un muro invalicabile. Poi la Williams di Albon. Tenta il sorpasso, viene risorpassato, spallata, gomitata, vola un molare, sangue dal naso e dita negli occhi. Infine, Hulkenberg. No, Hulkenberg no! Sì, Hulkenberg sì.

Quando finalmente sventola la bandiera a scacchi, Hamilton viene visto vagare in trance ipnotica, proclamando di essere Santa Teresa del Bambin Gesù. L'hanno ritrovato ore dopo dietro una duna di Las Vegas: benedice i pellegrini con manciate di sabbia e biascica preghiere in italiano.

Haas, voto 7: Ocon non è un pilota: è un fenomeno atmosferico. Dove arriva lui, tutto si ferma. Il traffico, la pazienza, la crescita del PIL, perfino l'invecchiamento della pelle: i dermatologi vorrebbero studiarlo per capire come faccia a rallentare Hamilton, Antonelli e Piastri con la stessa efficacia con cui congela la produzione di collagene nel raggio di tre metri. Pure Bearman è rimasto dietro, inchiodato in decima posizione. Se non sta attento, gli blocca anche la sua promozione in Ferrari: ai kart lo rimanda, anzi, direttamente sul seggiolone. Perché Ocon non si supera. Mai.

Aston Martin, voto 6: Se Newey non compie un miracolo, Nando ha più probabilità di vincere la gara dei sosia di Elvis che un altro Gran Premio in Formula 1. Non ha mezzi per attaccare, non ha mezzi per difendersi. Ogni week-end incassa un distacco dal podio degno della Milano-Sanremo ciclistica, mentre al box si divertono fin troppo spesso a combinargli qualche strafalcione al pit. Stavolta, almeno la sufficienza arriva, ma solo per la buona condotta.

Racing Bulls, voto 8: Hadjar ha trasformato un laconico "Si può fare" in un fulmineo "Si può? Fatto", conquistando il sesto posto in gara e la nona posizione provvisoria in Campionato. Per ora si sta guadagnando, nella classifica Marko, la concreta possibilità di scalzare il povero Tsunoda-san nel 2026. Si spera con una vettura più docile, si spera a pari condizioni con Max. Una buona occasione per dimostrare la stoffa di un altro coriaceo francesino.

Williams, voto 8: Inedite le spiegazioni della Williams sul ritiro di Albon, visti i problemi in radio dell'inglese:

Box: "Alex, rientra per il pit. Il passo è peggiorato".

Albon: "Hai detto che il carburante è evaporato?!".

Box: "Passo! Il passo è peggiorato!".

Albon: "Ah, ok… devo essere ritirato".

Albon rientra e parcheggia. La radio muore definitivamente. Anche un ingegnere.

Kick Sauber, voto 8: Per fortuna, come in Brasile, a salvare la faccia di Binotto ci pensa Re Hulk, che si tiene alla larga da risse, follie e tentazioni da casinò: guida pulito, evita guai e ritira le sue fiches dalla roulette prima che la pallina prenda una brutta piega.

Il risultato è una settima posizione da manuale, senza un graffio, senza un lamento, con la compostezza di chi ormai il tavolo verde lo conosce a memoria.

È l'ennesimo week-end solido di un pilota che, lungo la carriera, avrebbe meritato molto più di qualche applauso tardivo. Ma lui niente: testa bassa, lavoro sporco, zero sceneggiate. Se la Formula 1 avesse un premio per la dignità professionale, Hulkenberg lo vincerebbe per distacco.

Alpine, voto 4: Immagino Briatore, sveglio alle cinque del mattino per assistere a questa desolazione, con la stessa gioia di chi brinda con un bicchiere di Mr. Muscolo.

A Enstone la stagione sta diventando un lungo, interminabile ride through nella storia delle corse: niente slanci, niente magie, solo un susseguirsi di sberle morali che manco in un cinepanettone. E più si avvicina la fine del campionato, più cresce la certezza che la cosa migliore da fare - per tutti, tifosi inclusi - sia mettere una bella croce sopra il 2025, tirare lo sciacquone e ripartire.