Nessuno vuole essere Robin

By
Federico Mare
Lando Norris

In occasione del Gran Premio di Monaco dello scorso maggio, McLaren ha deciso di rendere omaggio a una delle leggende più grandi della Formula 1, Ayrton Senna, sei volte vincitore della gara nel Principato.

La scuderia ha voluto farlo con una speciale livrea verdeoro, che non ha avuto solo un notevole impatto visivo, ma ha anche portato con sé un forte significato emotivo. Un tributo che è diventato ancora più tangibile grazie al video prodotto sul proprio canale YouTube dalla scuderia di Woking, in cui i piloti Oscar Piastri e Lando Norris hanno condiviso le loro riflessioni su cosa Senna rappresentasse e rappresenti ancora oggi per il mondo della Formula 1.

Mentre Piastri si è concentrato su riflessioni più tecniche e generali, è stato Norris a cogliere nel segno, offrendo uno spunto che va oltre la semplice ammirazione.

Nelle sue parole, non si percepisce solo un rispetto profondo per il campione brasiliano, ma anche una rivelazione più personale, che ci consente di capire maggiormente le dinamiche "mentali" di cui si è tanto discusso in queste ultime settimane.

Norris, pilota McLaren come lo fu Senna, ha ricordato una delle frasi più celebri del brasiliano:

"Senna una volta disse che dovevi guidare sopra l'emozione e l'istinto. Penso che se vuoi essere il migliore, e questo era il suo caso, questo fosse l'approccio migliore possibile".

Ma dietro questa riflessione, che suona quasi come una lezione di vita, emerge anche un lato più umano di Norris, quello di un giovane pilota che sta ancora cercando di imparare a gestire le proprie emozioni.

La frase di Senna, che invita a "guidare sopra l'emozione", non è solo un'aspirazione, ma una sfida per il talento di Bristol, che si trova spesso a lottare contro le sue stesse impulsività. La sua emotività, che lo rende un pilota indubbiamente veloce, è anche la stessa che lo porta a farsi sopraffare nei momenti di tensione. La consapevolezza di questo conflitto interiore, sicuramente, è uno degli aspetti più affascinanti del percorso di Norris nella massima categoria del Motorsport.

Una riflessione ancora più intima emerge quando Lando, ricordando Senna, racconta (e qui arriva il bello) un pensiero che probabilmente gli rivolgerebbe se avesse l'opportunità di parlargli direttamente:

"Se potessi fare una domanda a Senna probabilmente gli chiederei se gli importava di quello che pensavano gli altri. Perché in un certo senso direi di sì, ma in un altro, con alcune delle cose che ha fatto e il modo in cui guidava, non c'era alcuna possibilità che gli importasse di cosa pensasse la gente. Era semplicemente la migliore versione di se stesso e non aveva mai paura di dimostrarlo".

Queste parole mettono in luce un aspetto fondamentale della personalità di Norris. È consapevole della forza mentale che Senna possedeva, una forza che gli permetteva di concentrarsi esclusivamente su se stesso, senza farsi influenzare dai tanti giudizi esterni a cui Lando, come si evince da ogni suo atteggiamento, è sfortunatamente legato.

Per Norris, questa indipendenza mentale è chiaramente ancora un obiettivo da raggiungere. Questa lotta interiore, questo desiderio di non trovarsi costantemente all'ombra dei suoi coetanei militanti nella classe regina o di quel Lewis Hamilton a cui rispose in malo modo nel retropodio ungherese, è tangibile in ogni suo comportamento.

È una lotta che, come noto, non solo riguarda le performance tecniche, ma anche un percorso emotivo più complesso.

"Ti sei accorto anche tu, che siamo tutti più soli? Tutti col numero dieci sulla schiena, e poi sbagliamo i rigori. Ti sei accorto anche tu, che in questo mondo di eroi, nessuno vuole essere Robin".

Il capolavoro di Cesare Cremonini diventa quasi il leitmotiv di un Lando che si ritrova in un ambiente in cui ogni azione (dentro e fuori dalla pista) è osservata con attenzione e ogni errore pesa come un macigno. In un mondo di eroi, dove le aspettative sono altissime, c'è sempre qualcuno che rischia di restare nell'ombra, di essere amato di meno, stimato di meno.

Norris, in questa stagione contraddistinta da tanti alti e bassi, sembra aver perso la gioia di correre, il sorriso contagioso e quel carattere unico che lo aveva accompagnato nella prima parte della sua avventura in Formula 1, un elemento che lo aveva avvicinato al pubblico giovane della massima serie e che ora pare un ricordo lontano, anzi lontanissimo.

Questo cambiamento, arrivato nel momento in cui ha avuto in mano per la prima volta la tanto agognata macchina da titolo, riflette una condizione emotiva molto complessa.

La Formula 1, pur affascinante e idolatrata da tanti, è un ambiente brutale che non lascia spazio per la leggerezza, se non lo si affronta con il giusto stato mentale.

Con questo non si intende certo condannare l'aspetto umano ed emotivo di Norris - lungi da me evocare qualsiasi riferimento a una forma di depressione - ma pare evidente che Norris, alla prima vera stagione da protagonista assoluto, non si è dimostrato all'altezza della situazione.

L'atteggiamento espressivo e le recenti interviste rilasciate da Norris sono una conferma concreta di queste difficoltà, di questa tristezza interiore. È come se il peso delle aspettative, il timore di non soddisfare i giudizi altrui, gli stesse impedendo di vivere a pieno la sua carriera, intrappolandolo in un blocco mentale che gli toglie la serenità che un tempo traspariva anche solo guardandolo correre.

Il legame tra Norris e Senna, è quindi più simbolico che reale. Entrambi corrono per McLaren, ma i loro cammini si intrecciano solo in superficie. Senna è stato un pilota straordinario che ha costruito la sua leggenda sulla resilienza, sul sacrificio e su una determinazione ferrea, mentre Norris, pur con un piede destro indiscutibile e una monoposto velocissima, è ancora in fase di maturazione.

Nonostante la scuderia di Woking gli abbia finalmente fornito un'auto capace di competere ai massimi livelli, la stagione di Norris ha evidenziato dei limiti psicologici che non possono essere ignorati. La lotta per il Mondiale Piloti ha messo in evidenza le difficoltà del numero 4 nel capitalizzare il potenziale della sua MCL38 – con errori di guida e decisioni impulsive nei momenti cruciali – ma soprattutto la complessità di mantenere sempre il focus mentale giusto, con atteggiamenti spesso rinunciatari o non all'altezza di un contendente al titolo iridato (come da lui stesso ammesso a margine del week-end di Las Vegas).

Le numerose false partenze, l'incapacità di duellare con Verstappen nei momenti decisivi e gare come quella di Interlagos sono solo alcune dimostrazioni di come la mancanza di controllo nelle fasi decisive possa compromettere non solo una gara, ma l'intero campionato.

Norris sembra vivere un blocco mentale innescato dalla troppa importanza che rivolge al pensiero esterno circa i suoi atteggiamenti in pista, che inevitabilmente lo condiziona e non gli permette di fare quel salto, quella crescita definitiva.

La differenza tra Norris e il suo avversario, Verstappen, è lampante. Il campione olandese ha sviluppato una solidità mentale che lo rende difficile da battere. A soli 27 anni, Max ha già conquistato numerosi titoli, ma ciò che lo distingue è la capacità di rimanere lucido e implacabile anche nei momenti più difficili.

La sua forza mentale è ciò che oggi manca a Norris, il quale, pur mostrando a tratti una velocità straordinaria, fatica a replicare la freddezza di Super Max nei momenti decisivi.

La sfida con Verstappen ha messo Lando di fronte a una verità incrollabile: non basta il talento per vincere un Mondiale Piloti. In Formula 1, come Senna ci ha insegnato, occorre una perfezione che va oltre la tecnica e la velocità. Per vincere, bisogna avere una solidità mentale che pochi possiedono.

Verstappen è l'esempio di questo tipo di perfezione. Per salire su quel trono, non basta essere veloci, bisogna essere impeccabili, in grado di dominare ogni momento critico.

In conclusione, dietro al tributo di McLaren a Senna, con la livrea verdeoro e le parole di Norris, non si legge solo un omaggio al passato, ma una riflessione sul presente e sul futuro, che ci ricorda come Lando sia ancora lontano dall'incarnare quella forza mentale che ha fatto la differenza nella carriera di The Magic.

Ma in questo viaggio, Norris non è solo un pilota in cerca di successi: è un uomo in evoluzione, un giovane che sta imparando a controllare le sue emozioni e a perfezionare quel "sangue freddo" che oggi gli manca. La sua velocità è indiscutibile, ma per fare il passo successivo verso la grandezza, dovrà trovare quella solidità mentale che gli consenta di essere implacabile nei momenti decisivi ed isolarsi dal mondo esterno, come faceva il campionissimo brasiliano.

Senna, con la sua filosofia di guida, rimane un punto di riferimento, ma il cammino di Norris è tutto da scrivere. Se riuscirà a lavorare su se stesso, a trasformare la sua passione in forza, la sua tristezza in gioia, potrebbe, un giorno, scrivere una sua bellissima storia, una storia che, pur diversa da quella del brasiliano, potrebbe essere comunque altrettanto memorabile.